sabato, dicembre 03, 2005

Il Matto


Il matto è tradizionalmente rappresentato da un giullare strabico a cui un cane strappa il fondo dei calzoni: i colpi bassi, li prende tutti lì. Non guarda dove mette i piedi, se sulla sua strada ci sono dei rospi ‑ non vi fate illusioni - sono tutti da ingoiare.

Il matto però ha una cintura d’oro e un bel vestito variopinto. Com’è che riuscito a racimolare tanta ricchezza? Beh! Appunto perché è matto! Se gli dite: “non andare là, che inciampi!”. Lui naturalmente non ascolta, cade e s’imbratta tutto, ma se per caso c’è una perla… la può trovare solo lui… perché è matto!

La gente dice spesso qualcosa di intelligente, magari solo quella che ripete per tutta la sua vita, il matto raccoglie una cosa di qua, una cosa di là ed è così che si è fatto quel bel vestito.

Il matto vale zero. Ma lo zero è uno strano numero: zero seguito da uno vale uno, ma uno seguito da zero vale dieci. Il matto vale di più se sta dietro gli altri… perciò è matto.

Nei giochi di carte il matto diventa il jolly che può prendere il posto di qualsiasi altra carta. Non è strano, il matto indifferentemente frequenta i sovrani come i barboni; però, se a fine partita rimane in mano, paga più di tutti. Il matto non fa pagare agli altri i propri errori, li paga di persona! E' proprio matto!

mercoledì, novembre 30, 2005

Aforisma

Certi strumenti sono come un coltello: il coltello serve a tagliare il salame. Se ti tagli un dito... sei un salame!

lunedì, novembre 21, 2005

Ho visto un fantasma

Non è uno scherzo, quello che racconto è realmente accaduto a Firenze, piazza Salvemini. In una calda giornata d’estate stavo sudatamente pensando ai fatti miei all’interno di un autobus (il 23, per la cronaca) quando una signora si alza spaventata e grida: “Un fantasma, un fantasma!”.

Penso che le abbia dato di volta il cervello, ma il suo spavento è sincero ed evidente. Lei continua, con occhi sbarrati a dire: “Ma guardi là alla finestra!”. Io ai fantasmi non ci credo, specialmente a mezzogiorno, ma lo spavento della donna è così forte che accondiscendo ad alzare gli occhi nella direzione indicata e mi viene un tuffo al cuore… alla finestra c’era la figura di una donna velata, senza volto e senza mani, con un libro che galleggiava a mezz’aria.

Mi prende la paura, ma poi ragiono. Non è possibile che sia un fantasma, specialmente di giorno a quell’ora. Quindi supero il timore e guardo meglio.

La facciata della casa era bianca, illuminata dal sole; la stanza era buia, la filippina aveva la faccia scura che si confondeva con lo sfondo… aggiungeteci un finestrino con un vetro non proprio pulito e degli occhi presbiti da quarantenne, il fantasma era tutto lì!

In questa storiella – ripeto ancora, realmente accaduta – c’è l’essenziale di quanto occorra conoscere sul funzionamento del cervello.

1. Percezione incompleta del fenomeno per causa di distrazione, fretta o paura.

2. Interpretazione errata.
La percezione si ferma quando il cervello ha associato quanto “visto” a qualcosa di conosciuto, specialmente se crea spavento o stimola appetiti sessuali o altri. Nel caso della donna la visione richiama il “fantasma” in cui credeva fermamente.

3. Trasmissione della paura. Non dalle parole della donna, ma dal tono di voce, il tremore delle membra, le parole sconnesse, gli occhi sbarrati che hanno fatto sì che io, pur non credendo ai fantasmi, sia rimasto scosso. Il linguaggio del corpo trasmette emozioni primordiali come amore e paura.

4. Faccio una prima associazione con un fantasma, poi – lo sottolineo – solo poi, forte della mia cultura da universitario scettico, penso ad un’illusione ottica.

5. Infine guardo meglio e finalmente i miei occhi riconoscono ciò che doveva essere. Da notare che anche la donna ha visto ciò che doveva essere, ma non conosceva nient’altro che i fantasmi. Come cultura, siamo diversi, ma la natura umana è la stessa per entrambi.

Non ho nessun motivo di inorgoglirmi per aver riconosciuto la verità. Se fossi nato cent’anni prima mi sarei spaventato a morte, non avrei guardato due volte, sarei scappato correndo gridando “Ho visto un fantasma” e nessuno avrebbe potuto dubitare della mia sincerità, tra l’altro c’era una seconda testimone. Quindi – con molto coraggio – ci saremmo uniti per catturare e trattare come meritava la strega che aveva la spudoratezza di far apparire dei fantasmi persino a mezzogiorno!

venerdì, novembre 18, 2005

Bioenergie, energia vitale ed altre importanti fesserie

Bioenergie, energia vitale ed altre importanti fesserie

Gli psicologi e tanti “maghi” parlano spesso di “bioenergia”, “energia vitale”, “prana” ecc. che in campo fisico non vogliono dire assolutamente nulla. L’energia si misura in chilowattora. Si può misurare l’energia consumata in casa, da una macchina ecc., ma sfido chiunque a misurare in qualche modo “l’energia vitale”, il “prana” o le altre simili fesserie.

Psicologi e maghi però non sono stupidi. Come ogni uomo, quando si trovano di fronte ad un concetto nuovo, per prima cosa gli danno un nome e, se non c’è, se lo inventano. Il nome, privo di significato, serve per ragionare. Naturalmente – non avendo significato – porta spesso a conseguenze disastrose (servono esempi in politica?), ma presto o tardi, attraverso tanti errori, qualcosa salta fuori. È il caso per la parola “atomo” che etimologicamente vuol dire “indivisibile”. Il suo significato è stato scoperto duemila anni dopo la nascita della parola; è stato appurato che l’atomo non è indivisibile, ma ancora non abbiamo finito di capire.

Se al termine “bioenergia”, “energia vitale” ecc. sostituiamo il termine “informazione”, questi concetti assumono un significato preciso, addirittura – almeno in teoria – misurabile!

Le scienze sociali abusano del termine “informazione” e “comunicazione” che – come vedremo – hanno precisi significati scientifici e tecnici. Il cervello elabora informazioni e in base a quelle informazioni muove il corpo. In realtà l’elaborazione non è fatta solo dal cervello, ma tutto il corpo partecipa al processo cominciando dalla pelle che raccoglie stimoli tattili, gli occhi, il naso, gli orecchi, la bocca!

Gli stimoli sensoriali arrivano solo in parte alla coscienza. Il cervello ragiona su quello che gli arriva… e prende delle cantonate!

Una volta capito come il cervello acquisisce informazioni parziali, e obsolete (le prende dalla memoria anziché dalla realtà) occorrerà riorganizzare la memoria usando l’umorismo e una “pubblicità” personale. Occorrerà poi imparare a ricercare informazioni veritiere, complete e aggiornate. Difficile? No! Complicato? Meno di quanto crediate una volta che si padroneggiano i pochi semplici strumenti necessari.

giovedì, novembre 17, 2005

Retroazione e ante-azione

Retroazione e ante-azione

L'evoluzione è cieca e crudele, la selezione naturale prova tutte le soluzioni possibili e lascia progredire solo quelle vincenti. Tutto cambia però quanto nasce l'intelligenza: gli animali, e in particolare l'uomo, agiscono in base alle proprie aspettative, speranze o paure. Cercano subito, quando usano della propria intelligenza, le soluzioni vincenti. Il progresso della natura non è più cieco. E' diretto – in modo più o meno cosciente – verso un fine!

Non è solo il passato che condiziona il presente, ma la rappresentazione mentale del presente che condiziona il futuro.

Vien da pensare che una Mente superiore abbia scientemente usato della legge dei grandi numeri per far nascere l'intelligenza. Se pensiamo che per creare una vera Intelligenza Artificiale dovremo usare lo stesso metodo – provare nei nostri computer tutte le soluzioni possibili e conservare solo quelle migliori – vien da sognare: ci stiamo trasformando in dei!

E' la classica struttura ricorsiva dei frattali. Noi stiamo creando una I.A. a nostra immagine e somiglianza. E' bello immaginare particelle elementari come tante galassie intelligenti e quindi imprevedibili giustificando così il principio di indeterminazione di Heisenberg!

Nessuno può dimostrare che Dio abbia organizzato tutto questo, ma non si può nemmeno escludere. Comunque è “produttivo” pensare all'esistenza di un Creatore perché ci mette di fronte alle responsabilità che abbiamo nei confronti dell'evoluzione della società e della natura.